Il Canone di Pachelbel
Il Canone di Pachelbel è un brano che mi è sempre piaciuto.La prima volta l’ho suonato al cembalo come “basso continuo” in un quartetto; bello nell’insieme ma non ne sono stata entusiasta. Così ho preso in mano la partitura e ho cominciato a studiare bene le parti dei violini e con la mia amica flautista (Joy Bach), al tempo del Duo Amarillis, ho iniziato una sorta di rielaborazione.
Per Pianoforte solo
Tempo dopo ho deciso di adattare questo brano al pianoforte e di scriverlo per le sole due mani. Il risultato mi ha soddisfatto molto. Quando lo suono il mio pensiero va lontano, viaggia e mi pare di danzare su quelle note che si rincorrono a volte lentamente e a volte in modo giocoso. Suono questo brano, Il canone di Pachelbel, intimamente ma con l’intento di raggiungere i cuori di mondi lontani.
Il canone di Pachelbel
Il Canone di Pachelbel, noto anche come Canone e giga in re maggiore o Canone per tre violini e basso continuo, è una composizione musicale barocca in forma di canone, per tre violini e basso continuo, attribuita al musicista tedesco Johann Pachelbel. Né la data né le circostanze della composizione sono note (alcuni studiosi suggeriscono una datazione tra il 1653 e il 1706, basandosi sullo stile musicale del canone), e il più antico manoscritto superstite risale al XIX secolo, nel quale il canone è seguito da una giga in 12/8, sempre per il medesimo organico.
Un arrangiamento orchestrale del canone, registrato nel 1968 dalla celebre orchestra da camera Jean-François Paillard, ebbe uno straordinario successo popolare; nei decenni successivi, il brano fu registrato da molti altri gruppi, eseguito in concerti e utilizzato come colonna sonora. La progressione di basso su cui si basa la serie di variazioni che costituisce il brano è stata utilizzata e citata ampiamente nell’ambito della musica pop.
La sequenza (o le sue successive imitazioni) possono essere individuate internamente ad altri canoni di musica classica. Mozart la utilizzò per il suo Il Flauto Magico (1791) nella scena in cui i tre geni appaiono in scena per la prima volta, nonché nel Credo della Missa solemnis K337 (1780). Gioachino Rossini citò questa melodia nel coro “Qui è tutta calma” nel terzo atto dell’Armida composta nel 1817. Anche Joseph Haydn la utilizzò nel suo minuetto op. 50 n. 2, composto nel 1785. In tutti e tre i casi le corrispondenze non sono eccessivamente marcate, quanto piuttosto dei “richiami”, divergendo in particolare nelle ultime misure.